Triste cronaca di una campagna elettorale

1504

Cala il sipario su una delle più brutte campagne elettorali di Palo del Colle e si contano morti e feriti.


Una campagna elettorale che da subito ha emanato il tanfo del marcio.


Si è aperta con un terribile monito, urlato dai banchi della maggioranza nell’ultimo consiglio comunale proprio dal consigliere Amendolara: “Andreotti diceva che a pensar male del prossimo si fa peccato, ma ci si indovina…”. E quel dito puntato sui rifiuti, sul nuovo piano di gestione AroBa2, su cifre da capogiro.


La prima calunnia di una lunga serie – si difenderà Conte per tutto il tempo – frutto del rancore per un sodalizio finito male.

Sarà, ma da lì in poi tutto ha acquistato tinte scure, la campagna si è profilata come una dura lotta per la detenzione del Potere, quello con la P maiuscola, che non ti fa dormire la notte, fatta di confronti sempre più sleali, attacchi personali, insinuazioni, accuse.


All’ombra di una legalità sventolata da tutte le parti politiche inizia a profilarsi un chiacchiericcio pericoloso sulla compravendita di voti, coinvolgimento della criminalità organizzata, minacce, presidenti di seggi poco attenti.


E il fanatismo su Facebook la fa da padrone. La stampa è “venduta, strisciante, patetica, da riciclare”. Spuntano i fake che fomentano il popolo di destra e di sinistra, offendono, ridicolizzano.


Alla prima tornata i giochi sembrano quasi fatti: in campo il giovane sindaco Conte che parla di continuità e la sua rivale, Anna Zaccheo, il “fantoccio messo lì da Nunziante, quella che legge ai comizi, che dovrebbe fare la mamma e non il sindaco, che non sa parlare e porta Emiliano e De Caro” ( tutti dimenticano che 5 anni fa accanto a un inesperto e impacciato Conte c’erano Fitto, Schittulli e Altieri!).


Un equilibrio precario, destabilizzato da fugaci notizie sul presunto tentativo di rapimento del consigliere Amendolara, sulla rissa in piazza santa Croce dopo il comizio di Minerva; Conte però è il vincitore indiscusso, con un proselito di seguaci pronti a scendere in campo per difenderlo.


Ma poi qualcosa cambia. La certezza della vittoria, il sapore del potere, la troppa sicurezza…e ai primi passi falsi il terreno sotto i sui piedi è diventato friabilissimo.


Mentre la Zaccheo girava nelle piazze con discutibili esponenti di un partito, il Pd, che ad oggi rappresenta il maggiore dei mali nazionali, Dagostino e Conte non ne imbroccavano più neanche mezza: l’uno dava delle capre a coloro che non li avrebbero votati, si scagliava contro le associazioni cattoliche, il candidato Minerva, il governatore Emiliano, l’altro urlava dal palco contro l’ex sindaco Porzia Mugnolo, i matrimoni e le adozioni gay, la Zaccheo “persona pulita” ma non adatta a fare politica.


Certo, un’auto analisi Conte dovrà pur farsela: in un momento in cui il Pd è demonizzato da nord a sud, lui ha avuto la capacità a Palo di renderlo l’unica alternativa valida, la salvezza!


Forse la gente era stufa di certi modi e toni; ha preferito la normalità all’esagerazione, la pacatezza agli show. Forse ha iniziato a dar credito a tutte quelle voci che prepotentemente si sono diffuse a macchia d’olio nel paese, forse i palesi non sono poi così capre come diceva Dagostino?


Tirando le somme in questa campagna sono tanti i morti: l’educazione, il rispetto per l’altrui pensiero, la pacatezza, la democrazia, l’umiltà. I feriti non si contano, c’è la tanto proclamata legalità, la trasparenza, la politica.


E le verità su quanto denunciato da Amendolara, sulla sua aggressione? O sullo schiaffo dato a Michele Cea in pieno volto? Sui fantomatici buoni benzina distribuiti nella prima tornata? Sulle aggressioni a Vito Minerva? La verità sui rifiuti?


Il “buon” Andreotti mi avrebbe risposto: “La verità no; è la fine del mondo. E noi non possiamo consentire la fine del mondo per una cosa giusta. Abbiamo un mandato divino. Bisogna amare così tanto Dio per capire quanto sia necessario il male per avere il bene. Questo Dio lo sa. E lo so anch’io”