Alle prime luci dell’alba, i militari del G.I.C.O. della Guardia di Finanza di Bari, con la collaborazione di personale del Servizio Centrale Investigativo Criminalità Organizzata di Roma, hanno dato esecuzione a cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti soggetti, tra i quali il pluripregiudicato ritenuto boss del quartiere S. Paolo di Bari, Giuseppe MISCEO, di anni 50, alias “u fantasm”.
Unitamente al Misceo, già in carcere per altri motivi, sono stati attinti dallo stesso provvedimento restrittivo, Domenico MERCURIO, di anni 23, Francesco PACE, di anni 30, Francesco POLISENO, di anni 59 e Domenico PAPARELLA, di anni 51, tutti residenti in Palo del Colle (BA).
I predetti sono accusati, a vario titolo, di usura, estorsione e favoreggiamento reale e personale. Reati commessi con l’aggravante delle modalità mafiose.
Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia presso la Procura della Repubblica di Bari, sono state avviate a seguito di una denuncia presentata da due imprenditori edili vittime di numerosi e gravi episodi di usura ed estorsione.
Nel corso delle attività investigative è stato possibile riscontrare come i due imprenditori in gravi difficoltà economiche sono stati costretti a rivolgersi nel 2010 al Poliseno per ottenere un prestito di denaro, in contanti, pari a 40.000,00 euro dietro la promessa della restituzione di interessi, che, successivamente alle verifiche eseguite dagli investigatori delle fiamme gialle, sono risultati oscillanti tra il 112% ed il 285% su base annua.
Somme di denaro che, come accertato nel corso delle indagini, erano riconducibili al clan capeggiato da Misceo che aveva affidato la gestione dell’operazione usuraria al predetto Poliseno. Quest’ultimo, infatti, aveva il compito di riscuotere periodicamente gli interessi usurari applicati mediante ripetute e pressanti richieste di denaro nei confronti dei due imprenditori. In ciò il Poliseno veniva coadiuvato da Mercurio Domenico e Pace Francesco, che si rendevano responsabili di un gravissimo episodio di pestaggio consumatosi a danno di uno degli imprenditori estorti.
Le complesse investigazioni permettevano altresì di appurare e documentare che uno dei due imprenditori al fine di onorare i debiti contratti con i propri aguzzini stipulava con questi ultimi un contratto preliminare di compravendita finalizzato alla cessione di un appartamento ed un box auto, in via di edificazione, per un valore complessivo di oltre 250.000,00 euro.
Al fine di dissimulare le reali ragioni sottostanti il detto preliminare di compravendita e renderne così credibile l’effettività, il Poliseno consegnava periodicamente all’imprenditore (cessionario dell’immobile) assegni circolari a titolo di corrispettivo dell’appartamento in via di acquisizione. Gli assegni, immediatamente dopo la loro consegna all’imprenditore, venivano da questi versati presso un istituto di credito per ottenerne contestualmente il controvalore in contanti. Contanti che all’uscita dalla Banca l’imprenditore usurato era costretto a consegnare nelle mani del Poliseno.
Tale escamotage avrebbe consentito a quest’ultimo e, quindi, all’organizzazione di appartenenza, di tracciare i pagamenti eseguiti a favore della vittima dell’estorsione e conferire una parvenza di legalità al contratto preliminare di compravendita osservandone, solo formalmente, i relativi obblighi ed adempimenti.
Tra i componenti dell’organizzazione disarticolata veniva infine individuato Paparella Domenico che aveva fornito ausilio al Poliseno nell’occultare e distruggere documentazione di varia natura utile alla ricostruzione delle vicende indagate.
Al fine di assicurare un’efficace azione di aggressione ai sodalizi criminali, parallelamente alle indagini di polizia giudiziaria, gli investigatori del G.I.C.O. del Nucleo pt Bari unitamente ad appartenenti al Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza (S.C.I.C.O.) attuavano complesse indagini patrimoniali volte alla sottrazione dei patrimoni illecitamente accumulati dalla consorteria criminale. Più in particolare tali attività si sviluppavano attraverso:
– l’incrocio delle risultanze ricavabili dalle banche dati in uso al Corpo (Anagrafe Tributaria, Camera di Commercio, P.R.A., Catasto) grazie alle quali è stato possibile tracciare un puntuale ed analitico profilo patrimoniale dei soggetti indagati e dei loro familiari conviventi;
– l’ausilio di sofisticati sistemi informatici (il noto applicativo “MOLECOLA” – elaborato dallo S.C.I.C.O.) che hanno consentito di evidenziare una netta sproporzione tra l’elevato tenore di vita dei soggetti ed i redditi dichiarati da considerarsi sulla soglia della povertà.
Le indagini poste in essere consentivano di accertare enormi sproporzioni fra le fonti di reddito degli indagati ed il cospicuo valore dei beni mobili ed immobili nell’effettiva disponibilità degli stessi. Veniva, infatti, appurato che a fronte di esigue dichiarazioni dei redditi presentate, i soggetti arrestati avevano la disponibilità di un cospicuo patrimonio composto dai beni mobili ed immobili posti sotto sequestro.
Più in particolare venivano sottoposti a vincolo cautelare n. 6 unità immobiliari e n. 6 automezzi, per un valore pari a circa 2 milioni di euro.
Video