Piazza Santa Croce finalmente è stata popolata da un pubblico di giovanissimi per la festa del SS. Crocifisso, da molto tempo assenti durante gli eventi proposti dal paese. Ieri sera si sono affollati sotto il palco dei Bari Jungle Brothers ad acclamarli e cantare a squarciagola tutte le loro canzoni. La loro calorosa partecipazione avvalora le parole di Walino, membro del gruppo: “Si possono dare tanti messaggi con il rap perché è un mezzo forte e sono sempre di più i ragazzi che lo ascoltano”.
Noi di Palodelcolle.net abbiamo intervistato i Bari Jungle Brothers.
DOMANDA – Il vostro è un collettivo rap formato da MC’s di tre diverse generazioni. Come si sono intrecciate le vostre vite?
REVERENDO – Io e Torto, che siamo anagraficamente i più grandi, abbiamo pensato di creare un collettivo che racchiudesse una parte di quelle persone che da tre generazioni fanno rap a Bari. Abbiamo subito individuato Walino, giovanissimo compagno di avventure musicali, e poi abbiamo coinvolto Max il Nano, Piero Ufo, Tony Ciclone. Più che un gruppo musicale, la nostra è una farm: diamo la possibilità agli artisti di confrontarsi e lavorare a progetti comuni, mantenendo ognuno la propria autonomia.
DOMANDA – Quest’anno il tema scelto per la festa del Crocifisso di Palo è la famiglia, quella che anche voi celebrate in una delle vostre nuove canzoni “Le stelle sopra”. Che cosa significa per voi famiglia?
REVERENDO – Per noi i Bari Jungle Brothers sono una famiglia nel vero senso della parola. Abbiamo condiviso tanta fatica, tanto lavoro, ma anche tante cose belle e qualcuna un po’ meno piacevole. Le famiglie, tradizionali o meno, funzionano quando sono formate da persone che si amano e si rispettano.
DOMANDA – Quando parliamo di famiglie, parliamo anche di figli che non sempre hanno la fortuna di crescere in un ambiente sano. Forti delle vostre esperienze di vita, quale messaggio vorreste lanciare ai ragazzi che vivono in contesti disagiati?
TORTO – Lavoro tantissimo con i ragazzi a rischio di esclusione sociale. Teniamo laboratori di musica dal vivo, o di scrittura di testi con ragazzi, sia bambini che adolescenti, poiché il rap ormai è un linguaggio diffuso in tutte le nuove generazioni. Con un lavoro del genere uno come me, che ha già un percorso di vita un po’ più lungo, può far passare contenuti e messaggi positivi. La musica può avere un valore di unione tra le persone, di crescita civile di quartieri e generazioni un po’ a rischio.
DOMANDA – Spesso quelli che definiamo “contesti disagiati” non sono altro che interi quartieri completamente dimenticati dalle autorità, ma per voi queste realtà sono state fonte di ispirazione. Quanto sono importanti per voi le vostre radici?
WALINO – Questa è la chiave del mio quartiere (mostra la chiave che porta appesa al collo nda), il San Paolo. Mi sono trasferito tante volte nella mia vita e portare le mie radici ovunque mi rende orgoglioso. Spesso le mie radici mi hanno fatto trovare la forza mentale che non riuscivo a trovare da nessun’altra parte. Per me radici sono le tradizioni, i valori, gli insegnamenti di mia madre, le belle esperienze, ma soprattutto gli errori e le paranoie che mi hanno fatto arrivare ad essere una brava persona.
DOMANDA – Parliamo un po’ di voi: “MOH!” è il vostro ultimo album ed è intriso di baresità. Com’è stato collaborare con artisti come J-Ax e Clementino?
REVERENDO – Con J-Ax c’è un rapporto di anni di rispetto e di lavoro. Quando io e Torto facevamo parte dei Puglia Tribe, gli Articolo 31 hanno prodotto un nostro disco, “Cime di Rap”. Abbiamo scritto insieme un pezzo per gli Articolo 31, “Gente che spera”, o “Nessuna come te” con J-Ax. Torto ha scritto un libro: “Breve storia di una generazione” in cui l’introduzione è di Ax. Lo stesso rapporto c’è tra Walino e Clementino. È gente che collabora con noi soltanto per un grande rispetto che ha di noi artisticamente, per la stima ed il piacere di fare musica assieme.
“Un concetto cardine dell’hip-hop è l’edutainment (educazione ed intrattenimento)”. Insomma una fusione di ritmi contemporanei e temi tradizionali, esattamente come il fulcro di tutta la festa patronale.