Il Palio: competizione pericolosa, fanatica e anacronistica.

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Palo del Colle si conferma paese in forte controtendenza…in negativo! Mentre l’onorevole Brambilla presenta in Parlamento una proposta di legge che tuteli il cavallo paragonandolo agli animali d’affezione, con il sostegno delle associazioni animaliste e gran parte dell’opinione pubblica, a Palo, quella equina non solo continua ad essere la carne più consumata e privilegiata ma le amministrazioni insistono nel promuovere il Palio del Viccio come massima espressione storico-culturale del Paese.

E sono proprio i palii che la Brambilla intende colpire, partendo in primis da quello di Siena; nella bozza diffusa si legge testualmente “divieto di utilizzazione di questi animali in spettacoli o manifestazioni pericolose o degradanti o comunque contrarie alle loro esigenze etologiche. In realtà [i cavalli] sono sfruttati letteralmente fino all’osso. Allenati con metodi brutali, frustati e dopati. Pensiamo ai cavalli negli ippodromi, sulle piste dei palii, sui tracciati delle corse clandestine, nei circhi, attaccati alle carrozzelle e infine nei macelli, magari dopo aver affrontato interminabili viaggi dall’est europeo per soddisfare la domanda di carne equina, di cui l’Italia è, purtroppo, il primo consumatore. Fortunatamente la sensibilità è cambiata e l’opinione pubblica guarda a certe tradizioni, per esempio i palii, con occhio molto più severo: che cosa c’è di “culturale” nella sofferenza inflitta ad un essere senziente? E’ ora di voltare pagina”.

Su cosa ci sia di culturale in un palio ce lo siamo chiesto anche noi. Perchè a Palo si continua ad investire denaro pubblico in una manifestazione pericolosa per i cavalli e per l’uomo? Perchè si cerca in tutti i modi di ‘tener buona’ quella flangia di fanatici, fantini e associati?

Il palio affonda le sue radici nel medioevo” si dice spesso, ma nel medioevo affondano le radici anche la cintura di castità, le faida e i feudi, tutti vanti di questo brillante periodo, che andrebbero rivalutati.

Secondo un articolo scientifico del dott. Enrico Moriconi (associazione veterinari per i diritti degli animali) sono tanti i motivi per cui un cavallo soffre durante una competizione: “Il primo elemento negativo è il fatto che i cavalli sono obbligati a dei comportamenti che non sono così connaturati come potrebbe sembrare a prima vista. Se è vero che i cavalli sono animali corridori non si può sostenere che le competizioni siano naturali. Per correre in maniera competitiva il cavallo dev’essere allenato, e questa è una causa di stress. I cavalli, e qualsiasi altro animale sottoposto ad allenamento, non sanno il motivo degli esercizi, non capiscono la situazione che per loro è innaturale: la conseguenza sarà una incomprensione della situazione. Queste sensazioni sono generatrici di stress e quindi di malessere. Né si può dire che si danno delle gratificazioni. I cosiddetti premi, qualche maggiore attenzione alimentare o qualche carezza, sono cure che dovrebbero rientrare in un normale modo di rapportarsi. A tutto ciò si deve aggiungere l’argomento più spinoso dei trattamenti farmacologici. La nuova legge 1894 così si esprime all’articolo 544-ter. – (Maltrattamento di animali): ‘La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti cioè reclusione da tre mesi a un anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro’. Si potrebbe obiettare che la legge citata prevede una sorta di deroga per le manifestazioni storiche pertanto il richiamo che si vuole fare è solo per una riflessione relativa alle conseguenze fisiche indotte nell’animale. Infine, la superficie non è certo quella degli ippodromi. Anche se il selciato viene ricoperto da uno strato di sabbia, questa trasmette comunque le irregolarità sottostanti e rende instabile l’andatura dei cavalli che non sono abituati al tipo di terreno. Questa è una delle aggravanti che facilitano le cadute gli scivoloni, gli sbandamenti, i quali possono a loro volta generare cadute di altri animali con le gravi conseguenze che ne derivano. Il rumore, le urla configurano una situazione stressante per gli animali in quanto non essendo uno stato normale per loro inducono una situazione di stress di tipo ambientale”.

La cosa più grave è che i regolamenti sono studiati non da tecnici, ma da amministratori o semplicemente da organizzatori animati dal sacro fuoco del Palio.

La legge 189 del 2004 stabilisce poi le sanzioni per i delitti contro i sentimenti degli animali, ovvero il famoso maltrattamento. Guarda caso i palii autorizzati dalle regioni sono esclusi.

Quanti interessi girano attorno a queste gare agonistiche camuffate da rievocazioni storiche o religiose?


Se variegata è la geografia del palio, ci sono alcune particolarità che lo rendono simile dappertutto. Il fanatismo, le regole non regole, le false evocazioni storico culturali, l’idoneità dei cavalli, gli incidenti, gli interessi economici. Secondo un’inchiesta del 2006 pubblicata dal quotidiano Libero “Molti dei cavalli che corrono i palii sono abbondantemente “bombati”. Basti guardare il nervosismo e l’incontrollabile agitazione prima della partenza per capire che i peggiori intrugli sono stati loro sapientemente somministrati. I controlli sono di facciata. Le provette finiscono in laboratori interni e non, come sarebbe giusto, a controllori neutrali che nulla hanno a che fare con la manifestazione. I risultati non si conoscono mai. Sarebbe giusto che prelievi e analisi fossero obbligatoriamente eseguite, a fine corsa, a tutti i cavalli da parte di un veterinario designato dall’Unire (come già fanno a Legnano) o da un laboratorio non manovrabile”.


E a Palo tutto questo avviene? I cavalli vengono analizzati a fine corsa? Chi designa il veterinario controllore? Vengono effettuati prelievi? E i risultati?


Se proprio si vuole rimanere legati a un Medioevo percepito così vicino e caro (paradossale nel 2016!) che almeno i controlli siano quelli di una società civile.