Penso che in nome della democrazia non si debba dare sempre fiato alle trombe; che in nome della democrazia non si possa giustificare tutto quello che si dice e si fa; che, negli ultimi giorni, il termine democrazia sia il più inflazionato ma che democraticamente chi non ha i mezzi intellettuali e l’autorevolezza per affrontare certi temi dovrebbe starsene a casa.
Penso che un prete dovrebbe fare il prete: diffondere messaggi di amore, tolleranza e accoglienza…possibilmente lontano dai social, ma tra la gente vera, vicino ai più bisognosi, ai deboli, gli emarginati, gli immigrati, i reietti.
Penso che un avvocato, momentaneamente sospeso dall’albo, dovrebbe essere il primo esempio di legalità e correttezza. Penso che un cantante, la cui fortuna, seppur breve, la deve a una canzone su un gay, non dovrebbe dispensare consigli sulla somministrazione di supposte che aiuterebbero gli omosessuali.
Questa è la triste storia di tre paradossi: un avvocato che, pur non potendo esercitare perchè sospeso, pare abbia difeso una psicoterapeuta, dal provvedimento disciplinare da parte dell’ordine dei medici per la sua dichiarata omofobia e la divulgazione di una presunta teoria gender non riconosciuta dalla scienza. Poi c’è il cantante, ormai dimenticato dai più che decide per questo di tornare alla ribalta predicando bene e razzolando male. In nome della democrazia per lui vale tutto, anche improvvisarsi intellettuale e dare lezione di linguistica in uno dei suoi tanti video sostenendo che: “il termine omofobia non esiste, non vuol dire niente, termine squalificato nell’ormai 2018”.
E infine c’è lui, il parroco social, colui che da anni spende tutto il suo tempo su facebook a parlare di teoria gender, di gay come gente malata e deviata. Un uomo che applica a proprio piacimento e convenienza la parola di Dio ma poi se gli chiedi di dividere il suo tetto e il pane con un immigrato risponde che la porta di casa sua è chiusa (https://www.palodelcolle.net/magazine/don-pasquale-amoruoso-io-non-condivido-le-deviazioni-sessuali-chiamatemi-pure-omofobo-per-me-e-un-vanto-intervista-al-prete-che-predica-la-parola-di-dio-su-facebook/); colui che è riuscito a far arrabbiare i magistrati dell’antimafia perchè difensore del più noto boss barese; un uomo che trova nella sottocultura di paese l’humus ideale per diffondere le proprie ossessioni, colui che non ama l’altro, ma lo guarda, lo scruta, lo bolla, lo ghettizza e se gli va non lo confessa. Il parroco tutelato dal suo vescovo che rimane nel triste silenzio di chi spera che tutto si dissolva quanto prima in una bolla di sapone e che la gente dimentichi.
I tre paradossi parlano di famiglia minacciata da forme aliene, donne e uomini che se pur nati in un corpo non si sentono tali: non importa se si amano fra loro senza recar danno ad altri, se hanno una vita normale, se lavorano e pagano le tasse. NO. Questi alieni minacciano i loro figli più degli innumerevoli preti pedofili, dei politici che fanno sesso con prostitute adolescenti della Roma per bene. Questi alieni, uomini che amano uomini e donne che amano donne, sono più irriverenti dei tanti mariti con mogli a seguito e amanti negli hotel di lusso; più scandalosi di cardinali con super attici vista Vaticano, più indegni di madri che ogni domenica si confessano ma poi intrecciano relazioni ambigue sui social.
Questi tre paradossi non meritano di essere nominati, chi merita invece di essere ricordato è Marco, 14 anni, si è lanciato dal terrazzo per paura di non essere accettato perchè gay; Andrea, 15 anni, romano, si è ucciso perchè portava i pantaloni rosa e i suoi compagni lo prendevano in giro “come un gay”; Matteo, 16 anni, torinese, dopo essere stato male per mesi per gli sfottò dei suoi compagni di scuola si è lanciato dal quarto piano; Jamey Rodemayer adolescente omosessuale di Bufalo, si è impiccato a seguito di cyberbullismo omofobo. La lista potrebbe essere lunghissima; ma basta la vita di uno solo di loro, spazzata via per sempre, per spiegare al più triste dei paradossi che L’OMOFOBIA ESISTE E UCCIDE.