A Natale si dice che tutti siano più buoni. Allora questo mese non pubblicherò un editoriale crudele ma la mia lettera dei desideri.
Caro Babbo Natale,
Vorrei per il prossimo anno che il mio Paese diventasse culturalmente progredito, che non ci fossero più macchine con i subwoofer impazziti tanto da far tremare i vetri di casa mia. Che tutti indossassero il casco e le cinture e non si utilizzasse più il clacson per salutarsi ma semplicemente la mano. Che nessuno buttasse per terra carte e rifiuti vari come se strade, giardini, parchi, piazze non fossero anche le loro. Che spaccare, scarabocchiare, divellere e fumare canne non fosse lo sport preferito di giovani e vecchie generazioni.
Vorrei che il mio Paese fosse più bello, che non ci fossero palazzi di tutti i colori senza alcun senso estetico e paesaggistico. Che le strade fossero percorribili anche con le macchine, oltre che con grossi mezzi agricoli. Che ci fosse più illuminazione e meno passi carrabili, più parcheggi e meno abusivismi edili, più verde e meno amianto.
Vorrei che il mio Paese fosse più ricco, che i commercianti non fossero costretti a chiudere le proprie attività perché vessati dallo Stato. Che tutti potessero avere non un Suv, ma un piatto caldo ogni giorno.
Vorrei che il mio Paese fosse più sicuro, che i contadini non temessero di andare nei campi ed essere picchiati e rapinati. Che non si spendessero più soldi per blindare la propria macchina con improbabili sistemi d’allarme. Che si potesse camminare serenamente per strada senza vedere le solite facce libere di sostare nei bar e scorrazzare per il Paese mentre dovrebbero marcire in galera.
Vorrei che il mio Paese fosse più sensibile, che non fosse un grosso lager per cani randagi, malati e denutriti ma un’oasi di tranquillità. Che ci fossero meno barriere architettoniche per i disabili e più divieti per gli abili; più accoglienza per gli stranieri e meno tolleranza per i nullafacenti indigeni.
Insomma, vorrei che il mio Paese fosse un posto dove decidere di far crescere i propri figli, acquistare casa, creare un’attività e non desiderare che si auto-disintegrasse sotto i tuoi occhi appena messo piede fuori di casa.
A proposito, dimenticavo i nostri cari politici; anche per loro vorrei fare una preghiera. Vorrei che la finissero con questi assurdi giochi di parole, strane combinazioni vocali, cacofonie imbarazzanti; quelle che voi cervelloni abbrustoliti chiamate TARES, TARSU, IMU, IRPEF, IVA, per i cittadini hanno un solo significato: POVERTA’. Allora quando a tavolino decidete di aggiungere lì, aumentare là, pareggiare su, togliere giù, pensate che nello stesso istante sempre più famiglie diventano povere.
E se alla fine hai spazio per me, caro Babbo Natale vorrei che i giornalisti fossero trattati da professionisti, retribuiti e tutelati; insultati meno e rispettati di più, ricordando che la libertà di stampa è un diritto sacro santo.